Naim Kriezu: anima romanista, idolo di Ennio Morricone
Di Vittorio Cupi – Il Liguria, nato dalla fusione tra Dominante e Corniglianese, giocava con la maglia della Sampierdarenese. Bianca e banda orizzontale rossonera sul petto. Sarebbe tornato ad essere Sampierdarenese nel 1946, ma stava vivendo il suo periodo migliore tra la fine degli Anni 30 e i primi Anni 40. Sesto posto nella stagione 1938-39 con allenatore Adolfo Baloncieri che, tornato sulla panchina della formazione ligure, nel campionato 1941-42 la stava tenendo in posizioni di vertice. Il 4 gennaio 1942, la partita tra Liguria e Roma è la più attesa dell’undicesima giornata. Il Liguria infatti ha 12 punti, uno in meno della capolista Roma. Ci sono quindicimila spettatori, tanti quanti ne può contenere lo stadio del Littorio di Cornigliano Ligure.
C’è, in campo, una grande Roma. Piove, il Liguria è imbattuto da sei turni, ma la Roma vince 3-0 e si vede annullare altri due gol dall’arbitro Bertolio, colpendo anche un palo con Coscia. È proprio lui a sbloccare il risultato, dopo essersi visto annullare un gol, intercettando una debole respinta del portiere avversario e mettendo in rete. Nel secondo tempo, al 17′, il raddoppio: Bonomi serve Pantò, che crossa verso Cappellini. E lui «al volo, di testa, spalle alla porta» (così riporta Il Littoriale, sembra quasi il gol di Pruzzo col Liverpool), segna.
Tre minuti più tardi ancora Coscia protagonista, ma il suo tiro finisce sulla traversa. Masetti respinge in angolo un tiro da fuori di Borrini, del Liguria. Praticamente l’unica occasione dei padroni di casa, che avrebbero potuto riaprire così la partita. Invece è sempre e solo Roma. In contropiede Cappellini lancia Amadei, il suo tiro colpisce la parte bassa della traversa e s’infila in rete. «La squadra ha fatto impressione – scrive Il Littoriale – soprattutto per la sua meravigliosa organicità, per la eccellente azione, per la maestria costruttiva di una mediana duttilissima, per la sicura padronanza della difesa e la vivacità di un attacco estremamente incisivo». Ancora più lusinghiero il giudizio del giornale in altra pagina: «L’opinione corrente di questi tempi, secondo il quale il gioco del calcio è in ribasso in Italia, ha avuto una solenne smentita da parte della Roma, che ha messo in vetrina una tale gamma di virtuosismo, di pregi tecnici, di capacità stilistiche, da far ricredere i più neri pessimisti e indurli a concludere che, quando si vede un gioco come quello sfoggiato dai giallorossi, non c’è proprio da rammaricarsi per le sorti del calcio italiano».
L’unico che in teoria potrebbe uscire dal campo un po’ arrabbiato è Naim Krieziu, che si è visto annullare quello che sarebbe stato il quarto gol per la Roma a dieci minuti dalla fine. Invece è felicissimo anche lui, sia perché è uno di quelli che mette sempre gli interessi della squadra al primo posto, sia perché quel giorno compie 23 anni ed è quindi il più festeggiato dalla comitiva che torna a Roma.
Era nato il 4 gennaio 1919 a Gizkove, città che all’epoca faceva parte dell’Albania e che oggi si chiama Dakovica e fa parte del Kosovo. A otto anni però si era trasferito a Tirana per raggiungere il fratello maggiore, tenente dell’esercito. Lì aveva iniziato a fare sport e a 16 anni si era già conquistato un posto in nazionale. Il trasferimento a Roma avvenne nel 1938, dopo aver vinto il campionato con lo Sport Klub Tirana, per frequentare l’accademia di educazione fisica della Farnesina. L’Albania era stata occupata dall’Italia e così, quando un professore tifoso romanista che lo aveva visto giocare proprio in Albania seppe che era arrivato in Italia, lo segnalò a Vincenzo Biancone. Provino superato, tesseramento fatto. Ala destra velocissima, fu un’arma molto preziosa per l’attacco romanista anche perché la sua presenza all’ala consentì al tecnico Schaffer di poter spostare Amadei centravanti, guadagnando in prolificità offensiva grazie alla potenza del tiro del Fornaretto, ma senza perdere in imprevedibilità e velocità sull’ala, dove c’era, appunto, Krieziu.
È rimasto profondamente romanista fino alla morte, avvenuta nel 2010. Nella Roma ha giocato fino al 1948, poi vi è rientrato per allenare le giovanili e, tecnicamente parlando, risulta vincitore della Coppa Italia del 1964 avendo diretto dalla panchina la prima squadra in una delle gare di quel torneo, contro la Fiorentina. Ma anche dopo, ha sempre lavorato per la Roma, anche inconsapevolmente. Basti dire che fu lui, all’Almas, uno dei primi maestri di Giuseppe Giannini.
«Ero veloce – ha detto nel libro di Massimo Izzi “E non ti curar di loro ma gioca e passa” – la velocità era una cosa importante. Le cavalcate, le fughe… Io saltavo molto, pur non essendo molto alto, dato che sono un metro e 70. Ma di testa non avevo nulla da invidiare a nessuno. Se trovavo uno più alto di me, saltavo più in alto di lui. Facevo atletica in Albania, i 200 metri e il salto in alto, ero un atleta».
Era il giocatore preferito di Ennio Morricone, tifoso della Roma già da quegli anni, che nel 2007 si emozionò incontrandolo. Le sue parole più belle, quelle che dicono tutto sul modo di essere romanista di questo campione d’Italia, che si muoveva in tram per andare agli allenamenti e alle partite e salutava sempre tutti i tifosi sorridendo, sono forse queste: «Sono sincero. Alla Roma credo di aver dato più di quello che ho avuto. Parliamoci chiaro, non c’erano i guadagni di oggi. Si stava bene, prendevo 1.000 lire al mese ed era una cifra più che buona. Per capirci, nei ristoranti si mangiava con 5 o 10 lire. Poi ho lasciato Roma e sono andato al Napoli. Quando sono andato via, sul treno che mi portava a Napoli, ho pianto. Piangevo perché ero tanto affezionato alla Roma, le volevo bene. L’unica cosa che mi consolava era sapere che la società, che per prendermi non aveva speso nulla, prese dei soldi per il mio trasferimento. C’è stato un momento in cui noi giocatori abbiamo tenuto in piedi la società, siamo stati anche due anni senza stipendio. Lo abbiamo fatto perché volevamo bene alla Roma».
Ecco perché Naim Krieziu il 4 gennaio 1942 era contentissimo, nonostante il gol annullato. Perché la Roma aveva vinto e perché era il suo compleanno. Compiva 23 anni. Era nato il 4 gennaio 1919. Esattamente centodue anni fa.