Roma, è l’urlo più bello
Corri ragazzo, corri. Festeggia le tue mille panchine con quella che è diventata la tua gente, sotto la Sud, leggero come la follia che sta contagiando tutti, dietro a una Roma da pazzi, che ieri è andata a dormire prima in classifica e chissenefrega se sono solo tre giornate, è bello lo stesso guardare tutti da lassù ed è bellissimo godersi serate come quella appena vissuta. La Roma,scrive Daniele Lo Monaco sulle pagine del Romanista, ha battuto il Sassuolo 2-1 e ha così raggiunto in vetta alla classifica a punteggio pieno Milan e Napoli, staccando l’Inter di due punti, la Lazio di tre, l’Atalanta di cinque e la Juventus addirittura di otto. Con le due di coppa sono cinque le vittorie consecutive su cinque, roba che non si vedeva da sette anni e c’è la possibilità di arrotondare ulteriormente con il Cska giovedì all’Olimpico e domenica con il Verona di Di Francesco al Bentegodi (e stasera si potrà vedere a che punto sono, nella trasferta del posticipo serale di Bologna). Ma la vittoria è arrivata in capo ad una sofferenza indicibile, con un primo tempo condotto in vantaggio (gol di Cristante su schema studiato a Trigoria), un inizio di ripresa lasciato agli avversari (pareggio di Djuricic) e poi un crescendo di attacchi contro difese, con occasioni da una parte e dall’altra, pali da una parte (Abraham) e dall’altra (Traoré), con Mourinho in un’inedita veste straoffensiva (ha finito con un trequartista e quattro punte), premiato dal gol di El Shaarawy a tempo scaduto, e un Dionisi insolitamente “verticale”, illuso dal pareggio al 94° di Scamacca, annullato da un fuorigioco di cui nessun romanista s’era accorto.
Tifare per la Roma è diventata del resto un’esperienza mistica ora che allo stadio si è tornati in numero congruo, in sostanza com’era prima dell’emergenza antivirus, perché i numeri più o meno sono quelli, ma adesso c’è persino maggior convinzione. Mourinho è riuscito nel miracolo di mettere tutti d’accordo, senza le pelose distinzioni di prima, ed è uno spettacolo guardarlo persino arrivare sulla panchina prima della partita, andare dal lato del Sassuolo per abbracciare Dionisi che però non è ancora arrivato, vederlo sorridere con tutti quelli che incontra, dal suo ex collaboratore all’Inter Orlandoni ai dirigenti accompagnatori, e poi vederlo scambiarsi con il collega ritardatario delle effusioni non banali, fino all’immancabile foto a cui ogni allenatore che affronta la Roma non vuole sottrarsi. Poi, in panchina, comincia il suo rituale di accompagnamento alla squadra come se giocasse anche lui, spiritato: alza il braccio quando il guardalinee non lo fa, sembra entrare in campo quando la palla passa dalle sue parti, incita e applaude, e contesta le decisioni arbitrali senza mai sconfinare nella maleducazione. Fino a quella goduriosa esultanza finale, con la corsa sfrenata col braccio alzato fino alla Sud come fece Mazzone nel 1994. E il popolo gode dietro al suo condottiero e ad una Roma che non molla un centimetro mai.
Anche ieri ha cominciato sparata, in un Olimpico nuovamente tirato a festa ed emozionato nel rivolgere l’applauso dell’ultimo saluto al compianto Gianfranco Giubilo: la tribuna stampa dell’Olimpico è stata per decenni la sua casa, da ieri è un po’ meno riscaldata. Neanche 14 secondi e la Roma è arrivata alla prima conclusione verso la porta, con una “trivela” di Abraham, centravanti di una squadra che Mourinho non vuole proprio cambiare. 10 undicesimi dei titolari erano praticamente annunciati già alla vigilia, l’undicesimo, Viña l’ha inserito lui a sorpresa, nonostante sia tornato solo venerdì a Roma. Al 4° ci ha provato Pellegrini per Zaniolo, poi su un corner successivo il capitano ha imbeccato Mancini che di testa ha mandato alto. Al 10° una bella pressione alta ha portato Mkhitaryan a scippare il pallone a Djuricic e a tentare la conclusione, rimpallata su Veretout che ha concluso alto. Il Sassuolo all’inizio un po’ timido è emerso a poco a poco, ricalcando con il promettente Dionisi quanto di buono in tre anni aveva costruito da quelle parti De Zerbi, persino con maggior attenzione difensiva. Il suo 4231 è una fisarmonica che si apre in fase di possesso e si richiude rapida per difendere in ogni zona del campo, cominciando dalla porta avversaria e poi a scendere. E attaccarli alti non è facile, come ha riconosciuto alla fine lo stesso Mourinho. Al 13° una bellissima combinazione rifinita di tacco da Raspadori per Berardi ha spaventato Rui Patricio, sicuro nell’intervento. A 23° è stato Ibanez a regalare un pallone a Berardi che poi l’ha girato su Djuricic, che ha tirato da posizione defilata sull’esterno della rete. Al 26°, nel suo momento migliore, il Sassuolo è andato in gol con una verticale su Raspadori che ha servito immediatamente Berardi, bravo a saltare Viña sul destro e a concludere con lo stesso piede, quello debole, in diagonale in porta: ma l’assistente di Sozza (Tolfo) ha gelato l’esultanza degli emiliani e il Var Abisso gli ha dato ragione perché il centravantino era partito in posizione di fuorigioco. Al 34° è stato Karsdorp a cogliere un gran movimento di Abraham servendolo a giro dietro la linea difensiva, l’inglese si è allungato per deviare in diagonale, ma la palla è uscita di pochissimo. Al 37° il gol che ha cambiato l’inerzia della gara, studiato a Trigoria nelle ore di analisi dell’avversario e festeggiato dallo stadio intero e, a parte, dai collaboratori di Mourinho, felici per lo schema riuscito: sulle punizioni laterali, infatti, la difesa del Sassuolo si piazza sulla linea della barriera, lasciando un bel buco che Pellegrini ha sfruttato per servire basso Cristante, partito in posizione regolare e bravo ad alzare il tiro di sinistro a scavalcare Consigli. Al 43° grandi proteste di Mourinho e della Roma tutta intorno all’arbitro per aver ignorato prima un fallo su Pellegrini e poi per aver sanzionato persino col giallo un intervento sul pallone di Ibanez.
Nella ripresa il Sassuolo si è presentato con Scamacca al posto di Raspadori e la Roma è sembrata un po’ meno registrata in difesa: già al 3° Ferrari ha saltato in area su corner completamente solo, mandando fuori. Al 7° Karsdorp ha scosso lo stadio con un formidabile recupero su Boga, al 10° Scamacca si è presentato con un gran destro deviato in angolo da Rui Patricio. Al 12° il pareggio, con azione partita dallo stesso Scamacca, apertura per Berardi, cross basso forte, liscio di Ibanez e deviazione fortuita, ma decisiva di Djuricic: 1-1. Solo allora la Roma si è svegliata e ha costruito tre palle gol in rapida successione, prima Consigli su Pellegrini, sulla respinta Abraham ha preso il palo e tre minuti più tardi lo stesso Pellegrini in slalom ha colpito a botta sicura incrociando però sulla traiettoria un polpaccio di Chiriches. Il piede decisivo poco più tardi sarà invece quello di Rui Patricio, bravissimo a estendere i suoi arti per deviare su Berardi servito da uno spunto irrefrenabile di Boga. Al 28° è stato Pellegrini a saltare tutti alla Messi, con una conclusione che però la Pulce avrebbe messo al sette, mentre lui l’ha solo sfiorato.
Con i cambi Mourinho ha reso la Roma ancora più offensiva, inserendo El Shaarawy, Perez e Shomurodov, tre punte, per Mkhitaryan, Zaniolo e Veretout, imitato da Dionisi che ha messo in campo Defrel e Traoré dando ulteriore dinamismo. Le occasioni si sono moltiplicate, Patricio ha salvato ancora su Boga, Consigli su Viña, poi El Shaarawy, con Mourinho arrabbiato per i soli tre minuti di recupero, ha messo a giro sul palo interno la palla della vittoria, imitato subito dopo da Scamacca, colto però in fuorigioco. E con il triplice fischio si è scatenata la festa.