Tammy e la generosità impigliata fra i pali.
Errore o sfortuna? Il dibattito è spalancato: il tiro che colpisce un legno della porta avversaria è frutto di mira sbagliata oppure è un dispetto della dea bendata? Dipende, scrive Mimmo Ferretti su La Repubblica. Dipende da dove si vuole arrivare a ragionare. In linea di massima, un pallone che si stampa sul palo (antica, eh?) è sinonimo di sfiga, ma nulla vieta di ipotizzare che possa essere un segnale che, in fondo, quello lì vede poco e male la porta. Se poi uno becca sei pali nel giro di poche settimane, le ipotesi si fanno ancora più pittoresche. E il dibattito diventa incandescente. L’uno in questione è Tammy Abraham, il centravanti della Roma di José Mourinho, che — senza vantarsene — rivendica (già) sei legni all’attivo. Quasi uno a partita, a ben contare. Questo che cosa significa: che l’inglese non sa far gol o che non gli dice assolutamente bene? Dipende. Dipende da come si vuole arrivare a etichettare il giocatore. E, in certi casi, il passaggio da buono a cattivo, da capace a incapace, da bomber a schiappa è fin troppo comodo. Al di là dei legni messi in archivio, Abraham è un attaccante unico. Totale. Uno che gioca per tutti, tifosi compresi. Un centravanti generoso, verrebbe da aggiungere, a patto che l’aggettivo non venga considerato un contentino. Tipo: segna poco, però dà tanto. Abraham dà tanto comunque, e senza chiedere nulla in cambio. Una belva nello spirito, non nei comportamenti. Uno cattivo (sportivamente, chiaro) di pensiero, ma mai nelle azioni. Uno così, ne converrete, meriterebbe di fare un gol a partita: per ora, invece, l’inglese di Palidoro deve accontentarsi di maledire il destino cinico e baro. “Someone please remove the crossbar/post“, il suo ironico appello dopo la gara con l’Empoli. In attesa dell’improbabile rimozione dei pali, la Sud continua orgogliosa a cantare: Tammy i tre punti, non chiedermi niente…