Ma non è finita qui
Questa brucia. Pure parecchio. E il fatto che sia stata la nona sconfitta (decima in stagione) in campionato in ventuno partite, paradossalmente è quasi un aspetto secondario. Brucia perché è arrivata dopo aver giocato i primi sessanta minuti abbondanti migliori della stagione: l’approccio giusto nei due tempi, un gioco che era più fluido del solito, una superiorità di cui non avrebbe dubitato neppure Allegri.
Brucia,scrive Piero Torri, perché sei andato una prima volta in vantaggio, Dybala ti ha raggiunto, poi a inizio ripresa un uno-due firmato Mkhitaryan (con deviazione) e Pellegrini (volendo fare una battuta tira meglio le punizioni dei calci di rigore), sembrava aver chiuso i giochi contro una Juventus, la possino, che i giallorossi devono aver pensato fosse finita ko, non sapendo che invece i bianconeri non lo sono mai. E così è arrivato il due a tre di Locatelli. Il pareggio di Kulusevski con tanto di pathos del Var. E, pure, il tre a quattro con De Sciglio. Il tutto nello spazio di una manciata di minuti, roba da pazzi, anche se la Roma a black out di questo genere ci ha abituato da decenni. Poi proprio per non farsi mancare niente, c’è stato anche il rigore sbagliato da Pellegrini (in superiorità numerica), così come lo aveva sbagliato Veretout (ieri sera già sostituito) nella sfida del girone d’andata.
Brucia perché questo tre a quattro che fino a ieri sera ci ricordava il piacere di una grande notte messicana, è arrivato in questo modo, nella sfida che qualsiasi tifoso romanista, soprattutto di una certa età, sente più di qualunque altra, contro quella vecchia signora che ogni volta che la incrociamo ci costringe a troppi ricordi negativi e scorretti. Brucia perché, maturata così, azzera anche l’utopia di poter inseguire uno di quei primi quattro posti che vogliono dire qualificazione alla Champions e, quindi, una cinquantina di milioni che farebbero un grande comodo nel prossimo mercato estivo. Adesso con trentadue punti in ventuno partite, pensare in grande vorrebbe dire lasciarsi andare a un esercizio di inutile autolesionismo. È vero in molti abbiamo pensato che sarebbe stato comunque complesso entrare nelle prime quattro, ma ritrovarsi a diciasette gare dalla conclusione senza poter neppure cullare il sogno, tutto è meno che un successo. Brucia perché non si possono prendere, in vantaggio di due reti, tre gol nello spazio di quattrocentoventi secondi (di gioco pure meno visto che dopo il pareggio bianconero ci sono stati pure lo stop per il Var e i ritorni verso la metà campo). Neppure se uno lo avesse programmato sarebbe stato capace di un suicidio oltre i confini della realtà. Brucia e chissà quando passerà.
Ma nel momento in cui i tromboni della critica, già li sentiamo, torneranno a sparare con il sadismo degli invertebrati, sulla croce rossa giallorossa, noi vogliamo pensare, da romanisti convinti del privilegio di esserlo, che la stagione della nostra Roma, non si è chiusa ieri sera nella pur legittima incredulità di una tifoseria di fronte alla quale bisogna soltanto togliersi il cappello. Non vogliamo mettere la testa sotto la sabbia. I problemi questa Roma li ha e Mourinho sta facendo una fatica dannata a risolverli. In sei mesi di progressi se ne sono visti pochi. Si continuano a prendere vagonate di gol. Una buona transizione difensiva e offensiva sono obiettivi ancora da centrare. E, pure in fatto di personalità, la squadra continua a esserne priva, perché come in campo succede qualcosa di contrario, le conseguenze sono devastanti, i tre gol in sette minuti incassati ieri sera, ne sono stati l’ennesima dimostrazione. Fin troppo banale dire che bisogna continuare a lavorare. Maitland-Niles e Sergio Oliveira che dovrebbe arrivare tra un paio di giorni, sono due opzioni in più che potrebbero garantire maggiore qualità. In più speriamo che Spinazzola torni il prima possibile. In ogni caso, chiunque andrà in campo, dovrà onorare la maglia, dal primo all’ultimo minuto, dalla prima alla diciassettesima partita che ancora si deve giocare in campionato dove un posto pur nell’Europa minore è ancora raggiungibile. E poi, cari giocatori della Roma, ci sono una Coppa Italia e soprattutto una Conference League da affrontare sempre come avete fatto nei primi sessanta minuti abbondanti della sfida di ieri sera. Le coppe, in particolare quella europea, possono dare un senso compiuto a questa prima stagione mourinhana, a questo primo anno di un progetto di tre che dovrà riportarci a essere competitivi ai massimi livelli. La stagione non è finita , mettetevelo bene in testa. Si può ancora dare un senso anche se un senso non ce l’ha. Solo così sarà possibile dimenticare le bruciature con cui ieri sera abbiamo provato, senza riuscirci, a prendere sonno.