La Roma non si può fare in un mercato
Roma non è stata fatta in un giorno. Traslando: la Roma non si può fare in una o due sessioni di mercato. Soprattutto, scrive Piero Torri, se si prende in considerazione la situazione in cui Tiago Pinto ha cominciato a lavorare. Ereditando, cioè, conti preoccupanti e una rosa di stipendiati che tutto sono stati meno che un successo, da Nzonzi a Pastore, da Pau Lopez a Fazio, da Olsen a Bianda, da Coric a Santon, l’unico ancora da queste parti.
Ed è da qui, da questa operazione di sfoltimento di una rosa extralarge e con stipendi esagerati, che si deve partire per provare a fare un primo bilancio di questo mercato invernale, sapendo che, comunque, il secondo e definitivo ce lo garantirà il campo. Un mercato in cui la Roma aveva l’esigenza di dare una sistematina alla rosa a disposizione di Mourinho che aveva fatto capire come ci fossero alcuni giocatori che non facevano al caso suo. E così ciao a Villar, Calafiori, Reynolds, Borja Mayoral, oltre a Fazio che già da luglio era ai margini. Tra gli indesiderati, diciamo così, l’unico a rimanere è stato Diawara che si è provato fino all’ultimo a sistemare da qualche parte, ma le ambizioni del giocatore e, soprattutto, uno stipendio da oltre due milioni netti, sono state le due cause principali del perché il guineano è rimasto ancora qui. Se ne riparlerà a giugno.
Sempre a proposito di bilancio, c’è solo una domanda da farsi: la Roma uscita da questa finestra di trattative, è più o meno forte? La nostra risposta è sì. Perché sono sbarcati due titolari, diciamo uno e tre quarti. Oltretutto, con una tempistica che ha consentito a Mou di mandarli in campo sin dalle prime partite di gennaio. Sergio Oliveira è l’uno. Il centrocampista portoghese ha arricchito le scelte in mezzo al campo: interno box to box, all’occorrenza anche regista, cioè quel ruolo che continua a rimanere scoperto, qualità, quantità, una certa confidenza con il gol che ha ribadito già nelle sue prime esibizioni vestito di giallorosso. Maitland-Niles è il trequarti, esterno basso destro e sinistro, se dovesse servire anche centrocampista dove nelle sue precedenti esperienze ha giocato spesso e pure volentieri. Sono stati due arrivi che hanno reso più omogenea e profonda la rosa romanista. Ora ci sono quattro più uno centrali difensivi (Smalling, Mancini, Ibanez, Kumbulla, più Cristante); quattro esterni bassi (Karsdorp, Viña, Maitland-Niles che può giocare su entrambe le fasce, e si spera presto anche un certo Spinazzola); otto centrocampisti (Sergio Oliveira, Cristante, Veretout, Pellegrini, Mhikytaryan, Darboe, Bove, Diawara) con un paio di questi che possono giocare anche in attacco; sette attaccanti (Abraham, Shomurodov, El Shaarawy, Zaniolo, Felix, Carles Perez, Zalevski).
Si poteva fare di più? Ovviamente sì, a patto di avere in tasca un portafoglio da emiro. Manca qualcosa? Riovviamente sì: un regista, un secondo portiere, un centrale difensivo, un altro attaccante. Siamo certi, però, che i Friedkin e Pinto ci penseranno a giugno. Perché la Roma non si può fare in un mercato.