Dimmi José una squadra mourinhizzata
È andata esattamente come doveva andare. Con lo stadio Olimpico a piangere e ridere di gioia, con la squadra a festeggiare sotto la Curva Sud, con Mourinho stravolto dalla tensione e dall’orgoglio, con la Roma in finale di Conference League. Doveva andare così e così è andata, scrive Mimmo Ferretti sulla Repubblica.
Contro il Leicester, l’altra sera, la partita l’hanno vinta i tifosi. Che con il loro cantare, con la loro passione urlata fino in cielo hanno tenuto in piedi giocatori stremati dalla fatica e dallo stress, hanno dato loro la forza per resistere. Per non arrendersi. Per vincere. Mou, alla vigilia, aveva chiesto settantamila giocatori in tribuna: detto, fatto e accontentato. E se giochi una partita 70.011 contro 11, non puoi che vincerla.
Lo Special One è riuscito in un’impresa complicatissima: trasformare la Roma in Mourinho. E alzi la mano chi, oggi, non è convinto che la squadra abbia i connotati – soprattutto morali – del suo allenatore. Il marchio “Mou” sta impresso a caratteri cubitali su ogni cosa che riguarda la Roma e, per questo, vanno spese due, pure tre parole di elogio per i silenziosi Dan & Ryan Friedkin che hanno portato José nella Capitale. Un Mourinho in lacrime con/per la gente romanista, alla fine della partita contro il Leicester. Si può far finta di ridere, non si può assolutamente far finta di piangere. La Roma, del resto, quando ti prende, ti avvolge e ti travolge; ti toglie il respiro… E ti parla d’amore. Come inizia Grazie Roma di Venditti? “Dimmi Josè…”.