Il povero Tiago Pinto
Di Alessandro Carducci – In questo momento di sana, e sacrosanta, euforia, c’è una persona che continua a rimanere nell’ombra. Capace che ciò non gli dispiaccia, per carità, ma tra un’ovazione a Mourinho (giusta) e un encomio ai Friedkin (ancor più giusto) nessuno si fila il povero Tiago Pinto. Come se il General Manger portoghese fosse solo un cartonato da posizionare negli incontri istituzionali, e poco più. Sempre pacato, sempre tranquillo, Tiago Pinto appare l’uomo mite che esegue il suo lavoro senza infamia e senza lode. Una sorta di buon impiegato di una qualsiasi amministrazione pubblica.
I MERITI – Pilotasse un aereo, avrebbe probabilmente più appeal però, tirando le somme, Mourinho l’ha preso lui, Abraham l’ha preso lui e Dybala l’ha preso lui. Tutto ciò in poco più di dodici mesi. Avendo appena 34 anni, tra l’altro, e avendo dovuto scontare gli scetticismi di chi lo vedeva troppo giovane, troppo poco scafato, troppo inesperto, poco adeguato. Non ha fatto tutto perfettamente, ci mancherebbe, e il bilancio lo faremo a fine mercato (oltre a un paio di errori lo scorso anno) ma, almeno per oggi, va dato risalto al suo straordinario lavoro nell’operazione Dybala. Certo, non è facile spiccare mediaticamente se da una parte c’è uno degli allenatori più vincenti della storia e dall’altra un presidente che, appena arrivato, ha vinto subito senza parlare ma agendo con un’incredibile efficacia. Tiago Pinto può, al massimo, solo far firmare Mourinho e Dybala. Robetta.