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L'Angolo Del Tifoso - 02/10/2022

Smalling sbanca San Siro

Di Daniele Lo MonacoLa testa di Smalling, il piede di Dybala, la mente fertile di Mourinho (spuntato solo negli spogliatoi per la festa finale dopo aver visto la partita da solo sul pullman sociale), le «grandi palle» dei romanisti, la precarietà dell’Inter di Inzaghi: shakerate bene e saprete con chiarezza come e perché la Roma ha impresso a San Siro la svolta della sua stagione, vincendo dopo cinque anni su un terreno solitamente infido, affossando le ambizioni dei nerazzurri e tenendo il passo del Napoli capolista. Sotto il profilo spettacolare non è stata una grande partita, ma è stata giocata e vinta da squadra tipica di Mourinho, con la capacità di soffrire senza mollare, di resistere senza abbassare troppo il baricentro, di ripartire ad ogni percussione avversaria, di difendere con fierezza e riattaccare con efficacia, tenendo botta in tutti i duelli individuali, pareggiando il gol di Dimarco con una delizia di Dybala, vincendo con la capocciata di Smalling sul solito calcio di punizione perfetto di Pellegrini, festeggiando poi alla fine con lo spirito di chi non ha compiuto l’impresa casuale, ma si è ripreso con gli interessi i tre punti lasciati con l’Atalanta per rilanciare le proprie ambizioni, senza staccarsi dal vertice tanto più ora che i prossimi avversari sono Lecce e Sampdoria (alternati al doppio confronto con il Betis in Europa League), prima dello scontro diretto in casa con il Napoli (il 23 ottobre).

Ha giocato bene la Roma a Milano? No, o almeno non nel senso più puro del termine. Ma non lo ha fatto neanche l’Inter, nonostante le parole grossolane di Inzaghi a fine gara («la nostra miglior partita»): nel primo tempo si sono affrontate due squadre un po’ bloccate, quella interista dall’ormai conclamata incapacità di costruzione di una manovra fluida, e quella romanista da un certo eccesso di prudenza forse trasmesso da Mourinho che ha scelto di rinunciare a sorpresa dall’inizio a Tammy Abraham, per schierare la cerniera di centrocampo Cristante-Matic senza rinunciare al doppio apporto dinamico-tecnico di Zaniolo e Dybala, con la regia offensiva di Pellegrini, in non possesso primo schermo di Asllani. Nessuna sorpresa invece nella formazione iniziale interista, con Acerbi impreciso regista di difesa con Skriniar e Bastoni ai suoi fianchi, Asllani sterile vice Brozovic, Barella e Calhanloglu intermedi e Dzeko al posto di Lukaku a far coppia con Lautaro. In pressione Mou, squalificato e nascosto agli sguardi indiscreti grazie al riparo del proprio pullman sociale, ha scelto di lasciare i tre finti attaccanti a schermare la prima impostazione dei difensori e del play Asllani (solitamente è stato Pellegrini ad abbassarsi in mezzo), con gli esterni Celik e Spinazzola pronti a salire sui dirimpettai interisti e a volte, soprattutto nell’impostazione bassa destra dei padroni di casa, ad alzarsi con Spina su Barella, a costo di rischiare qualcosa dietro con Ibañez costretto ad aprirsi su Dumfries. Ma con la lenta manovra interista del primo tempo non si sono corsi grandi rischi e la Roma ha subito l’iniziativa degli avversari solo su percussioni centrali estemporanee: all’11’ il gol di Dzeko, dopo tre contrasti consecutivi vinti, è stato annullato dal Var dopo abbondanti esultanze per una posizione irregolare di fuorigioco dello stesso bosniaco sull’ultimo passaggio, ma al 30’ è stato invece bravo Dimarco a sfuggire internamente a Celik con i tempi giusti dopo un buon palleggio interista centrale, a raccogliere l’assist verticale di Barella e a infilare di giustezza sul primo palo Rui Patricio, non irreprensibile nel tentativo di respinta in tuffo a mano aperta. Tra i due episodi in cronaca erano entrati solo un sinistro a giro di Dybala al 13’, terminato molto a lato rispetto alla porta interista, e un destro di Calhanoglu finito invece vicino ai pali di quella romanista. L’Inter sorniona e comunque in grado di gestire senza troppa difficoltà il possesso palla si era dunque ritrovata in vantaggio senza mai dominare la scena, così la Roma si è decisa ad alzare un po’ i ritmi nella parte finale del tempo solo per vedere l’effetto che ne sarebbe sortito. Una fiammata improvvisa ha portato al 38’ ad una triplice occasione per Spinazzola (respinta di Handa), poi di Dybala (addosso ancora al portiere) e ancora dello stesso Paulino con un destro svirgolato, ma poi l’intervento di Massa ha reso vana tutta l’azione, avendo svelato un falletto di Spinazzola su Dumfries proprio nel momento iniziale dell’azione: fallo involontario, ma evidenziato dalla scarpa tolta all’avversario con uno sfregamento casuale. Neanche sessanta secondi più tardi ancora Spinazzola ha conquistato un altro pallone anticipando Barella e dopo pochi passi ha intelligentemente aperto il suo cross dalla parte opposta (ignorando Pellegrini e Zaniolo in mezzo) per raggiungere l’accorrente Dybala che arrivando da dietro ha impattato bene il pallone al volo scagliando un bel siluro verso la porta a piegare le mani protese in avanti da Handanovic, apparso anche lui non esente da colpe proprio come il suo collega giallorosso. E così si è andati in parità negli spogliatoi.

La ripresa ha confermato l’equilibrio generale, con l’Inter a fare di più in quanto a costruzione ragionata, ma con la Roma più bassa per scelta speculativa più che per reale sofferenza nel confronto. I duelli individuali si sono un po’ inaspriti e a farne le spese sono stati i romanisti sia per le sanzioni (tre gialli in undici minuti per Zaniolo, che ha calciato il pallone lontano dopo un fallo fischiatogli contro, per Mancini e per Smalling, rudi entrambi con Lautaro) sia per i crampi accusati a un certo punto da Dybala, sostituito dopo appena 13 minuti da Abraham. Il cambio non ha variato il piano tattico delle pressioni romaniste, con Pellegrini più basso su Asllani e l’inglese a dividersi con Zaniolo l’onere del controllo dei tre centrali. Il momento migliore dell’Inter è stato intorno al 20’: in particolare al 18’ una punizione di Calhanoglu si è stampata sulla parte finale sinistra della traversa e al 22’ Asllani dal limite ha calciato un destro potente sfilato vicino al palo. Al 26’ invece Celik ha servito in area Abraham che nonostante la difficoltà del gesto tecnico, con il pallone che proveniva da dietro, è riuscito a girare verso Handanovic senza sorprenderlo. Poi al 30’ un evidente fallo di Dzeko su Mancini (che era stato bravissimo nell’anticipo) a 35 metri dalla porta interista, concesso con un po’ di ritardo da Massa, ha portato alla splendida punizione calciata da Pellegrini forte verso il secondo palo dove Smalling si è staccato da Skriniar (mentre Acerbi invece di scappare veloce ha pensato solo a trattenere Abraham) e ha schiacciato di testa sul palo opposto. I cambi hanno trasformato le squadre: 343 per l’Inter con Mkhitaryan, Correa, Gosens e Bellanova in campo al posto di Asllani, Calhanoglu, Bastoni e Dumfries, 352 per la Roma con Camara e Belotti al posto di Pellegrini e Zaniolo. Ma l’Inter ha sbattuto fino al 5’ di recupero sul muro difensivo romanista mentre il fraseggio pulito nelle uscite in ripartenza ha portato a potenziali occasioni proprio per la Roma, mancate da Abraham e Camara. E proprio alla fine ancora Smalling ha salvato di testa l’ultimo tentativo di Gosens, saltato a sovrastare Celik.

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