Ecco perché l’addio di Nicolò fa perdere tutti
Centoventotto presenze, novantacinque da titolare, ventiquattro gol, tredici in campionato, undici nelle coppe, uno per sempre nella finale di Conference League a Tirana, due crociati, altrettante interminabili riabilitazioni, un figlio, una tifoseria ai suoi piedi, i baci sulla maglia, la sensazione di un amore destinato a durare ancora a lungo. Tutto svanito con quel “io non vengo a Spezia, cedetemi”. Un tradimento, così è stato interpretato da una tifoseria che vive la Roma come un sentimento, scrive Piero Torri su La Repubblica, pazienza se si vince una volta ogni tanto, ma la maglia è sacra e va onorata e rispettata. Zaniolo è sempre stato sul mercato, a cominciare dall’estate scorsa con Tiago Pinto che tutto fece meno che considerarlo incedibile. Come, del resto, è per tutti. Ma da lì sono cominciati ad affiorare i problemi.
Quando una coppia arriva al capolinea, le colpe non sono mai tutte da una parte. E la Roma ce le ha. Perché, ufficiosamente, l’estate scorsa disse al mondo che Zaniolo sarebbe potuto partire a fronte di un’offerta tra i cinquanta e i sessanta milioni. Nessuno li ha offerti.
Figuratevi l’entourage del giocatore, che ha le sue colpe, come ha metabolizzato la situazione, soprattutto quando ha preso atto che l’incontro per parlare del rinnovo dalla Roma veniva puntualmente posticipato. E ora si è di fronte all’unico caso in cui le due parti, Zaniolo e la Roma, si trovano con il cerino in mano. Il risultato è il rischio molto concerto che alla fine perdano tutti.