Cari Friedkin, ma perchè non parla mai nessuno? Alcune domande possibili
Di Leonardo Contigliozzi – Facciamo due conti: da quando i Friedkin hanno ereditato la Roma dalle mani di James Pallotta, sono passati ben 4 allenatori. In ordine Paulo Fonseca, Josè Mourinho, Daniele De Rossi e, in ultimo, Ivan Juric. Ognuno con la sua storia, le sue caratteristiche e le sue volontà. Ma c’è un minimo comun denominatore che li accomuna tutti: non sono solo allenatori ma, di fatto, gestiscono la comunicazione, rispondono alle domande dei giornalisti inerenti a questioni societarie, sono chiamati a rispondere di eventuali torti subiti sul campo. Già, perchè oltre agli allenatori, a Trigoria non parla mai nessuno. Quasi tutti i tifosi, tranne coloro che hanno avuto la pazienza di andare a cercarsi qualche video su YouTube, non hanno ancora avuto il piacere di sentire le voci di Dan e Ryan, padre e figlio. Il ds Ghisolfi? Tanto meglio, probabilmente alcuni tifosi non sanno nemmeno che aspetto abbia (almeno Tiago Pinto qualche parola in conferenza o in tv la diceva). Stessa storia per Lina Souloukou, l’amministratrice delegata. I personaggi sono tanti e diversi, ma la storia non cambia: nessuno va mai di fronte alle telecamere. Lo fa sempre e solo l’allenatore.
Ora, capisco che nel mondo di oggi la comunicazione è tutto. I Friedkin hanno scelto la linea del basso profilo, che può non piacere a noi giornalisti, ma va accettata. I milioni sul tavolo ce li mettono loro, e questo dà loro il diritto di decidere che cosa fare. Tuttavia, ci sono persone ben più importanti degli esponenti della stampa a cui dover, in qualche modo, rispondere: i tifosi. Coloro che, da oltre 3 anni a questa parte, garantiscono alla proprietà i sold out ogni domenica, nonostante i costi di biglietti e abbonamenti siano ormai volati alle stelle, o coloro che viaggiano in Italia ed in Europa per seguire la Roma ovunque. Gente che sacrifica tutto pur di risparmiare qualche lira per seguire la propria squadra del cuore. Quegli stessi tifosi, da anni, sono costretti a mandare giù bocconi amari. I quali potrebbero essere accettati più facilmente, se i Friedkin o qualcuno che li rappresenti decidessero di parlare di fronte una televisione o un microfono, anche per “tranquillizzare” i tifosi, che vedono la Roma navigare in acque torbide.
Oltre a ciò, c’è un altro aspetto da considerare: sia Mourinho che De Rossi, seppur in modi molto diversi (lo Special One più diretto, Ddr più diplomatico o, come si suol dire, “aziendalista”) hanno fatto intendere che non possono fare tutto loro. Nel momento in cui 2 responsabili tecnici pongono a gran voce il tema, forse i Friedkin dovrebbero farsi qualche domanda: è davvero la strada giusta da percorrere, quella del silenzio assoluto?
Alcune domande possibili ai Friedkin
Intendiamoci: dopo l’esonero di Mourinho, il rapporto tra società e tifoseria già appeso ad un filo. Volente o nolente, lo Special One era ormai diventato un Re a Roma, gli si perdonava tutte. Molti altri allenatori, con quei pessimi risultati in campionato (a dispetto degli ottimi percorsi in coppa), sarebbe stato messo alla berlina molto prima. Quando la situazione è diventata ingestibile, i Friedkin hanno chiamato l’unico che poteva in qualche modo sedare gli animi della piazza: Daniele De Rossi. L’effetto ha sortito gli effetti sperati, ma mi chiedo (e vorrei chiedere ai proprietari americani): “era solo un’opzione tampone, per placare l’ira dei romanisti, quindi un parafulmine, oppure si credeva davvero che De Rossi potesse essere il faro degli anni successivi?”
E’ solo la prima delle tante domande che farei ai signori Dan e Ryan Friedkin se ce li avessi davanti qui ed ora. Ce ne sarebbe anche un’altra, a primo impatto molto più banale, ma che potrebbe rivelare molte risposte: “Cos’è successo con De Rossi nelle ultime settimane?”. Già, perchè ammesso e non concesso che i Friedkin vedessero in De Rossi l’allenatore del futuro, com’è possibile che siano bastate 4 partite andate male a far saltare il banco? Oppure è successo qualcosa all’ultimo minuto, ormai d’irreparabile?
Ne avrei un’altra, anche questa importante nonostante sia ormai passata qualche settimana: “Cos’è successo con Dybala? Ha scelto lui di restare, non avete accettato l’offerta degli arabi, o entrambe le cose?” La questione è rilevante, dato che De Rossi aveva più volte detto che per lui erano tutti uguali, “declassando” in qualche modo la Joya. C’erano delle frizioni tra De Rossi ed il suo giocatore migliore? E se il loro rapporto era effettivamente positivo, l’acquisto di Soulè era propedeutico ad un’eventuale cessione di Dybala, anche se poi non concretizzata?
Ne ho un’ultima, forse più sottile ma neanche troppo: “Perchè Zalewski è fuori rosa? Che ne pensava De Rossi?” A prescindere da ciò che si può pensare del polacco di Tivoli, per Ddr era un titolare o comunque il 12mo uomo. Per lui non c’era nessun problema tecnico, ma la Roma – dopo il rifiuto di Zalewski al Galatasaray – ha deciso comunque di metterlo fuori squadra, ma come avrà preso De Rossi il fatto che i proprietari gli hanno tolto d’ufficio uno su cui puntava molto?
Di domande da fargliene, ce ne sarebbero ancora molte, ma probabilmente, rimarranno senza risposta (ma siamo aperti a sorprese). Juric si prepari.