Sassuolo-Roma: i giallorossi si fermano ancora
Di Daniele Lo Monaco – Sostenere che la Roma avesse meritato la vittoria è probabilmente pretenzioso, perché alla fine l’1-1 arrivato a Reggio Emilia è il risultato più giusto per quello che si è visto in campo, ma è sacrosanto rammaricarsi per un gol che nessun allenatore vorrebbe mai prendere con quelle modalità, e che per una squadra di Mourinho diventa addirittura lunare, soprattutto se hai ottenuto poco prima il gol del vantaggio a dieci minuti alla fine di una partita che si era prima complicata e poi improvvisamente messa in discesa. Lunare, sì: perché se ha un merito riconosciuto il portoghese, in un periodo in cui in molti faticano ad apprezzarne il lavoro (ma non i tifosi della Roma: “Papponi in silenzio, Mourinho ad oltranza”), è proprio quello di saper trasmettere alla propria squadra le capacità di difendere un risultato importante perdipiù a pochi minuti dalla fine della partita. E allora in questi casi un gol lo puoi prendere su una spizzata in area, su un rimpallo, su un calcio piazzato o su una prodezza dell’avversario. Ma subire il pareggio con la difesa perfettamente schierata, dopo un’azione profonda romanista ma individuale (di Belotti, mai lucido nelle scelte), con un solo uomo ad allungare la linea difensiva (l’imprendibile Laurienté) e il difensore in quel momento deputato alla sua marcatura, il quinto Karsdorp, invece di seguirne la corsa addirittura si gira dalla parte opposta e gli lascia così dieci metri in due secondi è davvero inconcepibile. Mourinho l’ha presa malissimo, le sue parole di fuoco a fine partita sono state dedicate all’olandese. Poi ci si è messo anche Smalling: prima ha pigramente tenuto in gioco l’avversario restando un po’ più basso sul lancio, poi non è stato in grado di contenere l’unico altro uomo in grado di intervenire sul cross dall’esterno (su cui era andato a chiudere Mancini), cioè Pinamonti. E così il grandissimo gol di Abraham, schizzato dalla panchina al 20’ del secondo tempo e finalmente deciso e cattivo come lo vorrebbe sempre Mou, è stato vanificato. Peccato perché con due punti in più si poteva tener sotto l’Inter e scavalcare l’Atalanta, garantendosi il quarto posto di fine anno con l’eventuale vittoria di domenica col Toro. Stasera invece la Roma potrebbe ritrovarsi addirittura settima, e sarebbe un peccato.
Forse a Reggio Emilia si è sentito anche l’effetto derby su una squadra stanca e tramortita che intanto è scesa in campo con quattro cambi rispetto alla formazione di domenica scorsa: con la solita, immutabile difesa, Celik è stato preferito a Karsdorp, Matic a Camara, Volpato ha sostituito l’infortunato Pellegrini e Shomurodov è stato il terzo a godere del ballottaggio tra Belotti e Abraham. Peccato però che anche l’uzbeko abbia palesato le stesse difficoltà a trasformare in moneta sonante le opportunità offensive. Dall’altra parte Dionisi ha confermato il suo Sassuolo col marchio di fabbrica del 433 brillante e dinamico, con lo scugnizzo D’Andrea (classe 2004) al posto di Berardi (in panchina per rientrare solo nel finale), Pinamonti in mezzo e il talentuosissimo Laurienté a sinistra, un altro che avrà sicuramente presto molti acquirenti disposti a spendere parecchio, sicuramente più dei 12 milioni sborsati la scorsa estate da Carnevali per prelevarlo dal Lorient. Il problema della Roma è sempre nel mezzo però, perché Mou ha ripresentato la coppia (“che non dovrebbe giocare assieme”) rappresentata da Matic e Cristante, con Volpato a trequarti delegato alla prima copertura su Maxime Lopez. Ma gli altri due, Frattesi e Harroui, hanno un altro passo rispetto ai romanisti e in almeno tre occasioni nel primo tempo sono passati davanti alle sagome in maglia bianca ad una velocità doppia, andando a creare un paio di seri grattacapi a Rui Patricio. Alla fine del primo tempo le occasioni ghiotte sono state due per parte. Al 17’ proprio una giocata di medio campo sofferta da Matic ha messo Frattesi in condizioni di battere forte a rete, preciso il destro verso la porta, splendido l’istinto di Rui Patricio di alzare la traiettoria oltre la traversa. Al 35’ Laurienté è rientrato su Mancini con un aggancio volante su pallone lungo da strappare applausi anche ai più esteti tra i 4000 romanisti presenti al Mapei, e poi ha tirato a giro di destro andando a sfiorare il palo alla sinistra di Rui, fermo a guardare. Al 32’, dopo che Pinamonti un secondo prima si era allargato in area romanista per saltare Rui finendo troppo largo, la ripartenza della Roma ha mandato Zaniolo e Shomurodov in un promettente due contro due con i centrali neroverdi, bravo Nicolò ad aspettare i tempi giusti per servire il compagno a destra, pessima la scelta dell’uzbeko di tirare lo stesso col portiere ormai proteso invece di restituire il pallone a Zaniolo nel corridoio che gli si era aperto a sinistra: avrebbe segnato Nico a porta vuota. Clamorosa poi l’occasione di Zalewski al 44’, su cross lungo di Celik da destra: nel cuore dell’area, il ragazzino polacco sul filo del fuorigioco ha impattato il pallone con troppa foga e l’ha mandato proprio nell’affollatissimo settore ospiti. A proposito di errori, menzione speciale per la pessima decisione di Ayroldi al 26’: Zaniolo servito nello spazio è stato trattenuto e messo giù da Ayhan, ma l’arbitro non è intervenuto e ha addirittura ammonito il romanista che ha protestato con troppo ardore, rimproverato da Cristante. E Mourinho si è avvelenato in panchina.
Niente rispetto a quello che gli sarebbe capitato a fine partita, per il già descritto gol del pareggio. Ma il risultato resta giusto per quello che le squadre (non) hanno fatto nei due tempi. Ad inizio ripresa Ayroldi ha fatto di nuovo saltare in piedi la panchina romanista, prima per non aver ammonito Harroui che ha impedito a Celik di battere velocemente una punizione e poi per aver fermato lui con un fischio tardivo l’azione che la Roma aveva fatto ripartire velocemente. Nel finale farà peggio, ai danni del Sassuolo: fermerà una ripartenza pericolosissima per il possibile 2-1 per ammonire Mancini che aveva fallosamente bloccato Frattesi, quando comunque i padroni di casa avevano trovato un varco per attaccare a campo aperto. Prima di questo rocambolesco epilogo, erano stati gli allenatori a provare a cambiare l’inerzia della gara dalla panchina, con tanti cambi a metà tempo: dentro El Shaarawy, Abraham e Karsdorp nella Roma per Zalewski, Shomurodov e Celik, Traoré e Thorstvedt per D’Andrea e Harroui nel Sassuolo. Al 26’ doppia opzione: per una ripartenza dei neroverdi fermata due volte da Karsdorp, poi per quella romanista con Abraham che in area ha trovato un varco per Volpato che, stanco, non ha saputo controllare la palla per tirare. Così al suo posto è entrato Bove (e Obiang per Lopez per Dionisi). Prima del gol di Abraham (azione insistita della Roma, con tanti giocatori in area, sovrapposizione di Mancini a destra e calibratissimo cross incornato da Tammy giusto a fil di palo) era stato il Sassuolo in una transizione ficcante a mettere Traoré in condizione di segnare, ma Rui Patricio era stato ancora bravissimo. E quando il più sembrava fatto e la vittoria tornare a sorridere, è arrivato il pasticcio del gol del pareggio. Un gran peccato davvero. Ora con il Torino bisogna chiudere l’anno dignitosamente.