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Interviste - 15/11/2021

Cassetti: «Date tempo a Mourinho, è un grande allenatore e va lasciato lavorare»

«Date tempo a Mou». In quattro parole la sintesi del pensiero di Marco Cassetti sul nuovo corso della Roma griffato dallo Special One. Quattro parole che, scrive Piero Torri, sono quasi un invito a pazientare, un invito a cui dare ascolto visto che Cassetti conosce bene la piazza giallorossa: sei stagioni sulla corsia destra, 198 presenze totali, cinque gol realizzati, uno, indimenticabile, decisivo, in un derby, un gol che ancora oggi lo emoziona («Non lo dimenticherò mai»). Anche se è tornato per motivi famigliari a vivere nella sua BresciaCassetti continua a seguire con attenzione da tifoso le vicende romaniste. Sa che da queste parti vincere è un po’ più complesso, ma sa pure che con Mourinho in panchina il percorso potrebbe rivelarsi più veloce di quello che si potrebbe pensare.

Ti ha stupito l’arrivo di Mourinho alla Roma?
«Sì. Facendomi riaffiorare anche molti ricordi».

Quali?
«In senso sportivo, io non lo sopportavo Mourinho. Quando giocavo nella Roma, lui era l’allenatore di quell’Inter che non ci permise di vincere quello che avremmo meritato. E per me la colpa era soprattutto sua».

Ora, però, il sentimento sarà cambiato.
«Certo. Ora non posso che augurargli di fare il meglio possibile sulla panchina della Roma. Devo dire, però, che già a quei tempi i miei sentimenti nei suoi confronti si affievolirono con il passare del tempo. E sai grazie a chi?».

No, grazie a chi?
«Chivu. Lo avevo avuto come compagno alla Roma, poi era passato all’Inter. Con lui avevo un ottimo rapporto, quando lo sentivo mi parlava in termini entusiastici di Mourinho. E la cosa mi intrigava al punto che mi sarebbe piaciuto essere allenato da lui».

La partenza a Roma fin qui è stata tra luci e ombre.
«Sì, ma al portoghese bisogna dare il tempo di continuare e completare il suo lavoro. Il problema a Roma è che non c’è pazienza. Del resto i tifosi li capisco, ormai sono parecchi anni che non si vince. Ora, però, bisogna consentire al portoghese di portare avanti il suo lavoro. Ha metodi particolari, bisogna capirli, a cominciare dai messaggi che manda ai suoi giocatori».

Cosa intendi?
«Lui prima di ogni altra cosa pensa a proteggere la sua squadra e quindi i suoi giocatori. Ai quali, però, manda messaggi per vedere la loro reazione. Ha messo qualche giocatore in tribuna per capire come si sarebbe comportato. È stato il suo modo di far capire che vuole di più. Anche se…».

Anche se?
«Voglio dire che ognuno è fatto a modo suo. C’è chi reagisce alla grande al bastone e chi, invece, preferirebbe la carota. All’Inter aveva una rosa di giocatori forti e di esperienza, oggi alla Roma ha un gruppo di giovani che devono ancora migliorare e maturare».

Si dice, poi, che la Roma rispetto a un anno fa non sia così migliorata.
«Ci sta. Più o meno è quella che ha avuto Fonseca. È migliorata in porta, e non ci voleva molto, ha cambiato con Abraham al posto di Dzeko. E in più l’assenza di un grande giocatore come Spinazzola non può non farsi sentire».

Con Spinazzola hai toccato il tasto degli esterni difensivi, uno dei ruoli in cui tutti dicono che la Roma dovrebbe migliorare.
«Più che altro Mourinho ne ha pochi di esterni bassi. Giocando ogni tre giorni c’è il rischio che prima o dopo si accusi la fatica fisica e mentale».

Ti riferisci a Kardsorp?
«Sì. L’olandese, dopo aver risolto i problemi fisici, ha fatto vedere di poter essere un giocatore che può garantire quantità e qualità sulla corsia destra. Ma è solo».

In realtà ci sarebbe Reynolds.
«Ci sarebbe. Il ragazzo americano è giovane, per quello che ho visto mi sembra ancora un giocatore acerbo. Avrebbe bisogno di giocare, ma alla Roma non lo può fare. Per lui sarebbe meglio andare a fare esperienza».

A sinistra è arrivato Viña.
«Mi ha fatto una buona impressione. Più nella fase offensiva che in quella difensiva. Deve migliorare e, comunque, su quella fascia il titolare è Spinazzola che all’Europeo ci ha fatto vedere qualità da grandissimo giocatore. La sua assenza, ripeto, pesa parecchio».

In alternativa ora c’è Calafiori.
«Ragazzo molto interessante. Ha fisico, corsa, gli manca ovviamente l’esperienza, ma per acquisirla bisogna giocare e anche sbagliare. Pure a lui, nel momento in cui tornerà Spinazzola, gli consiglierei di andare a giocare un campionato da qualche altra parte. Gli potrebbe fare solo bene».

Nel prossimo mercato di gennaio la Roma dovrà prendere un esterno destro basso. Chi consiglieresti?
«Mazraoui dell’Ajax. Ma mi rendo conto che trattare con il club olandese è difficile e costoso. E poi penso che sul giocatore ci possa essere l’interesse anche di altri club».

Dalot ti convince?
«Abbastanza. Lo abbiamo visto la passata stagione con la maglia del Milan. Mi sembra un ragazzo molto interessante».

Fossi nella Roma, nel mercato di gennaio come ti muoveresti?
«A centrocampo. Non perché chi c’è non sia bravo, ma perché sono pochi. E per il discorso che ho fatto prima, quando giochi ogni tre giorni prima o dopo paghi pedaggio».

Chi prenderesti?
«Chi non lo so perché dipende pure dal budget che si ha a disposizione. In ogni caso io di centrocampisti non ne prenderei uno, ma due. Per garantire una maggiore scelta a Mourinho».

Quale pensi siano i problemi principali di questa Roma?
«Ne vedo soprattutto due».

Il primo?
«Mourinho dovrà lavorare per dare maggiore equilibrio alla squadra. La Roma vuole giocare per attaccare, ma quando perde palla va in sofferenza».

Il secondo?
«Avere più cattiveria sotto porta. I giallorossi creano molto, ma concretizzano poco. Ah, c’è pure un terzo problema».

Quale?
«La Roma ha subito arbitraggi penalizzanti. E questo nel bilancio ha un peso importante».

Pensi che sarà possibile centrare la qualificazione in Champions League?
«Credo che sia dura, anche se ci spero. Sarà importante il mercato di gennaio per capire se si potrà tornare in Champions. Tre posti mi sembrano già prenotati. E per il quarto ci sono in corsa Juventus, Atalanta, Lazio e noi. Sarà dura per la Roma. Ma con Mourinho, un maggiore equilibrio tattico e arbitri meno antipatici, diciamo così, ce la possono fare».

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