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News - 13/12/2021

Lo Spezia One

Non fu un trauma tipo Manchester, ma per i tifosi romanisti la Roma di Fonseca si “ruppe” con lo Spezia in una assurda sera di inizio di quest’anno, era il 19 gennaio. Reduce da un derby giocato male e perso peggio, la squadra giallorossa affrontò i liguri in Coppa Italia con l’intenzione di esorcizzare il ricordo di un’altra incredibile eliminazione nella stessa coppa, il 16 dicembre 2015, che invece in qualche modo rappresentò la fine della Roma di Garcia. E invece ,scrive Daniele Lo Monaco,andò male, quel 19 gennaio: la seconda partita della storia contro lo Spezia portò alla seconda incredibile sconfitta, col carico di un errore ingiustificabile a questi livelli, la sesta sostituzione utilizzata dal tecnico portoghese per rimediare ad una doppia espulsione nel giro di pochi secondi durante i tempi supplementari. Un disastro, insomma.
Scherzi del calendario, quattro giorni dopo la Roma tornò ad affrontare in campionaro i liguri e si rese conto che il risultato di Coppa Italia non era stato poi troppo casuale, visto che al 90° Verde (e chi sennò?) pareggiò la sfida siglando il gol di un 3-3 che pareva definitivo, prima che invece Lorenzo Pellegrini, al 92°, riportasse sopra la Roma. Il quarto confronto della storia tra Roma e Spezia si giocò invece all’ultima giornata di campionato, stavolta fuori casa, e fu un’altra partita complicata: alla squadra giallorossa, con Fonseca all’ultimo atto, serviva almeno un punto, e arrivò solo a cinque minuti dalla fine, al termine di una sfida gestita meglio dai padroni di casa. Il loro allenatore era Vincenzo Italiano che poi fu sedotto dalla Fiorentina e abbandonò la sua creatura. Ora in panchina c’è Thiago Motta, uno che con Mourinho ha condiviso anni di trionfi in maglia nerazzurra, e che da lui ha preso forse qualche lezione di comportamento, senza però aver ereditato lasciti tattici. Quando allenava l’under 19 del Psg sperimentò un sistema di gioco (2-7-2) che gli garantì qualche titolo di giornale, prima di scoprire che lui intendeva scaglionare i giocatori non in senso verticale, come si fa comunemente elencando il numero di giocatori di difesa, centrocampo e attacco, ma in senso orizzontale, con due esterni a destra, sette centrali e due esterni a sinistra. Faceva comunque un calcio iperoffensivo, chiedendo spesso al portiere di impostare il gioco come un regista, spingendosi almeno fino alla propria trequarti. In Italia si è moderato un po’: col Genoa ha avuto la prima chance e l’ha sprecata, quest’anno ci sta riprovando a Spezia, con risultati alterni. Finora ha vinto solo 3 partite (con Venezia, Salernitana e Torino), perdendone 10. E stasera gli mancherà pure l’attaccante forse migliore che ha, Nzola, punito con la mancata convocazione per un ritardo alla riunione tecnica, un po’ quello che accadde a De Rossi con Luis Enrique. “Hombre vertical”? Thiago ha già questa fama.
Alternative alla vittoria per la Roma non ce ne sono. Il successo della Fiorentina e quello clamoroso dell’Empoli a Napoli hanno momentaneamente fatto scivolare la squadra giallorossa all’ottavo posto, sotto addirittura anche ai toscani, appena un punto sopra il Bologna, due sul Verona. Con tre punti in più si risalterebbe l’Empoli e si riprenderebbe la Juve e si rimarrebbe in scia alla viola, ben sapendo che al turno successivo si andrebbe a Bergamo, in un campo diventato recentemente proibitivo e che in questo periodo lo è ancora di più, con l’Atalanta capace addirittura di scalare la vetta della classifica fino ad appollaiarsi al terzo posto sopra al Napoli e a ridosso delle due milanesi. Mourinho sembra perfettamente calato nel suo compito di capomastro di un progetto architettonico ai limiti dell’impossibile: sa che ci vuole tempo, ma sa benissimo che per abituarsi a vincere bisogna vincere, e quindi è ora di cominciare a farlo con una certa continuità, almeno con le squadre di livello tecnico inferiore.

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